Mentre parlo la mente vola al mio paese, Cetara in costa d’Amalfi: un paese che, pur essendo la porta d’ingresso della costiera, fino a qualche anno fa era considerata la cenerentola, mal odorosa di salagione, sul porto di reti umide maleodoranti, mentre oggi è una meta gastronomica, anzi, come si dice adesso, una meta gourmet. Che cosa è la colatura di alici tradizionale di Cetara. E’ l’identità di un popolo, del mio popolo. E’ qualcosa che sicuramente non ha le radici in Sicilia o Calabria, non è l’estratto di salamoia che vediamo in vendita in tante bottigliette, nell’ultimo periodo fa figo avere la colatura in carta o peggio ancora in produzione in tanti opifici, è diventato un po’ come la moda dei produttori di vini di fare i rosati o spumantizzare un vino solo per fare catalogo.
La colatura di alici tradizionale di Cetara ha un disciplinare preciso, delle tecniche di produzione definite, della materia prima di base che non è facilmente reperibile e peggio ancora trasportabile, visti i tempi per iniziare la produzione.
Non sto a descrivere la produzione, voglio invece continuare a raccontare cosa è per me.
Mi vengono le parole del libro “Vieni In Italia con me” del mio amico Massimo Bottura: in un passaggio lui dice: “I miei muscoli sono fatti di Parmigiano Reggiano e nelle mie vene scorre aceto balsamico”. Io dico che i miei muscoli sono fatti di alici salate e nel mio sangue scorre Colatura di alici tradizionale di Cetara, la stessa colatura che scorre nelle vene di mio figlio Gaetano che rivedo piccolino in braccio al nonno che correggeva la sapidità dello spaghetto tradizionale con delle gocce di limone per rinfrescare i suoi bocconi.
La colatura sono le barche che ritornano in mattinata senza ghiaccio sul pesce, è la speranza che ci sia un’annata pescosa dal 27 aprile in poi. E’ il rituale di famiglia che si tramanda da generazioni di portare in dono, alla vigilia di Natale, in segno di stima o di riconoscenza la bottiglietta di colatura di all’amico del cuore o al professionista stimato. E’ la sapidità dei miei piatti, l’amica in cucina che mi cambia i sapori, è la chiave per aprire certe porte, è il mio Chanel n. 5. Si sente di mare, di reti bagnate, di amplesso femminile. Hasta la colatura di Cetara siempre!”
Tratto dal libro “L’uomo che sussurra alle alici” di Pasquale Torrente – Edizioni Caterimg
Identikit: Nato a Cetara nel 1965. Dopo tre anni suo padre apre il ristorante Al Convento nel Chiostro di quell’antico convento seicentesco che accoglie i pellegrini in visita a Cetara, primo comune della Costiera Amalfitana. La vita di Cetara, di Pasquale e del Convento si intrecciano. I suoi ricordi hanno il profumo della sua terra, il suo lavoro ha il sapore del suo mare. In quel piccolo borgo spesso si va per la prima volta per visitarlo, poi si torna per Pasquale al Convento.
Pasquale Torrente è uno degli ospiti, interpreti, relatori del Teatro del Gusto ai Quartieri Spagnoli. Scopri il programma a partire dal 10 aprile qui
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