La storia di un vino dimenticato e dei quattro vignaioli che lo hanno immaginato di nuovo.
di Titti Casiello
I fantastici quattro non sono nello spazio, ma a Marsala.
Sono Sebio De Bartoli (Marco De Bartoli), Antonino Barraco (Vini Barraco), Vincenzo Angileri (Viteadovest) e Pierpaolo Badalucco (Dos Tierras Badalucco De La Iglesia García) e sono i protagonisti/supereroi del docufilm “Pre British il Marsala prima del Marsala” diretto dal regista Andrea Mignolo e prodotto da Sanderen Films.
In poco più di cinquantina minuti, frame intensi e immagini suggestive, trasmesse al Teatro del Gusto di Napoli, raccontano le scelte di quattro folli visionari, o pazzi sognatori, che hanno riportato in vita scampoli di un passato ormai dimenticato.
Così con il coraggio di chi non vuol seguire i muli, i quattro vignaioli sul finire degli anni ’90, avevano un progetto ben definito: restituire alla loro terra il vino che avevano sempre bevuto, nelle osterie come nelle case: era il vino dei marsalesi, quello ancorato alle loro radici, era il Perpetuo.
“Siamo ritornati al vino che hanno trovato gli inglesi quando sono venuti qua” dice Nino Barraco, prima cioè di quel vino inventato fra la metà del XVIII secolo e l’inizio del XIX dai britannici John Woodhouse e Benjamin Ingham che avviarono la produzione del Marsala per come è conosciuto anche oggi.
“Il loro andava fortificato, il nostro no, uno parlava in inglese, l’altro parlava in dialetto”.
Fu Il Marsala degli inglesi, però, che venduto e riconosciuto in tutto il mondo, decretò le sorti favorevoli della città, ma fu anche sempre lo stesso Marsala che sul finire della Seconda guerra mondiale ne stabilì anche la sua fine, trasformato per volere del mercato in un vino infimo, ridicolizzato all’uovo, alla fragola o finanche alla panna “buono solo per cucinare” secondo Renato de Bartoli, fratello di Sebio, presente anche lui al Teatro del gusto di Napoli insieme ad altri protagonisti del docufilm.
E come dargli torto se, ancora oggi perfino nel lessico comune, l’aggettivo “marsalato” si riferisce a un vino ossidato, decrepito, sgradevole, quando, invece, nelle sue migliori versioni, è un vino capace di restituire come pochi altri il carattere salmastro di questa terra siciliana.
Così in un tempo che sa di esplorazione, ma anche di custodia, l’opera massonica dei quattro è stata quella di ricercare ciò che c’era a Marsala prima del Marsala stesso, facendolo rivivere nel presente attraverso nuove forme.
“Abbiamo fatto un viaggio nel tempo per riprenderci il Pre-British” dice Pierpaolo Badalucco e, così, nelle immagini sagaci e intense, Mignolo riesce a cristallizzare sullo schermo quell’antico fare di questo vino. Dove l’uva si raccoglie matura per ottenere un liquido di un bel colore oro carico, mosto che poi diventerà ossidativo, questa la caratteristica peculiare del Perpetuo e che ci riuscirà solo grazie a una unità di misura: il quarto.
Tanto è, infatti, lo spazio lasciato all’ossigeno in quelle botti scolme di vino e poi il “tempo, ci vuole il tempo” continua Barraco, con quelle parti di vino vecchio che a mano a mano vengono sostituite nelle botti con un vino più giovane.
“E’ un’operazione che si ripete sempre, in perpetuo appunto” e nel corso degli anni, vini di annate diverse si intrecciano, si amalgamano, fino a creare qualcosa di nuovo e di vecchio al pari.
Nel mentre le immagini scorrono e sullo sfondo come in primo piano eccola lì la testardaggine e la caparbietà di chi ha fatto tutto questo “solo” perché ci crede, facendolo fino in fondo ed è allora grazie a loro che di nuovo finalmente si vede a Marsala quella luce bianca che da sempre la avvolge: si distende prima di entrare nelle porte antiche dietro le quali si cela la città vecchia e quasi, invece, sfregia gli occhi alla vista delle piramidi di sale del vicino Stagnone. Qui, una bandierina di plastica con la Trinacria sbatte nel vento, perché oggi anche a Marsala c’è un tempo che profuma di libertà, quella che la sua terra assapora nuovamente con il vino della tradizione.
La Degustazione a Teatro del Gusto
Altogrado - Barraco
Sono botti di castagno da 1000 litri, colmate solo i primi due anni con conseguente sviluppo della flor a dar vita a questo vino dall’olfatto irresistibile di fico, carrube, erbe aromatiche e aria di mare in una profondità olfattiva divagante, tanto pari a un palato che si fa fitto di sensazioni che divampano nella progressione: tabacco, albicocca secca, liquirizia, con un arioso finale balsamico.
Pipa ¾ - Badalucco de la Iglesia Garcia
È a Petrosino, pochi chilometri da Marsala, che si trova l'azienda di Pierpaolo Badalucco e in contrada Triglia da un unico vigneto impiantato a uve Grillo si plasma dopo 15 anni in pipas (botti di rovere scolme appunto a ¾) un vino senza fortificazione e senza filtrazione. Profuma di mandorla sbucciata, nocciola tostata, arbusti, sentori empireumatici e sfumature salmastre in un palato dolce/non dolce, teso, salino, asciutto, con finale di tabacco e frutta secca.
Vecchio Samperi – Marco de Bartoli
Marco De Bartoli è stato il primo, nel ’78, a voler restituire dignità al Perpetuo e ad avere avuto l'orgoglio di imbottigliarlo attraverso l'etichetta del Vecchio Samperi. Oggi sono i suoi figli a perpetuare questo antico sapere che profuma di odori di scoglio e di mitili, poi di gherigli di noce e mandorla sbucciata. Tutto folgora al naso quanto in un palato cremoso e ossidativo, saporito e salmastro, con una continuità spropositata di sapore e sale marino.
Comments