Siamo davvero amici del mare? Non sempre. A Cetara c’è un’associazione che fa di tutto per non perdere quest’amicizia. Breve storia di una colatura di alici tradizionale
di Assunta Casiello
E’ una boccettina di vetro quasi sempre da 100 ml. In un volume così piccolo fluiscono secoli di tradizioni e culture. E’ la colatura di alici prodotta da uno dei comuni più piccoli d’Italia, ma con una delle flotte più importanti dedicate al tonno e alle alici. È Cetara, in costiera Amalfitana.
“Si mangiava solo in inverno, quando il pesce fresco non c’era. Alla vigilia di Natale c’era sempre, ci serviva per condire la pasta“ – dice Secondo Squizzato, presidente di Amici di Alici, associazione che pone al centro dei suoi scopi virtuosi la salvaguardia dei metodi tradizionali di conservazione delle alici e della produzione della sua Colatura.
Un prodotto poverissimo che rappresentava la riserva proteica dei pescatori per tutti quei mesi in cui le barche rimanevano dormienti sulla battigia: “D’estate mangiavamo un po’ del pesce fresco appena pescato, il resto ci serviva per l’inverno. Lo lavoravamo per fare la colatura”. Che in un cinquantennio diventasse così di moda neanche era immaginabile. Dagli scaffali dei supermercati alle mensole ordinate delle botteghe più ricercate. Da povero a ricco.
“Non tutto è, però, Colatura tradizionale di alici di Cetara”, quella cioè che dal 2003 è tutelata come Presidio Slow Food, quella che da ottobre 2020 ha ottenuto il riconoscimento della Dop. Bisogna stare attenti su quegli scaffali e una fiducia incondizionata al mercato non è la soluzione. Lo è, invece, una passeggiata in corso Umberto I, a Cetara, tra gli odori di un mare salato e roccioso, imbrigliato dentro piccole e antiche botticelle di legno, è lì che sta quella boccettina di vetro.
Per evitare che tutto allora affoghi nel mare magnum delle acciughe, il lavoro di Amici di Alici diventa pressoché salvifico per la custodia del suo sapore autentico.
“Partiamo dal porto dopo il tramonto” – continua Squizzato - quando il sole sprofonda lentamente nel golfo di Salerno con le navi che si lasciano trasportare sul fluire del mare “e al massimo ci spingiamo fino alla costa cilentana. Peschiamo col cianciolo”, un’enorme rete rettangolare, detta anche a circuizione. E così, stabilito il luogo di pesca, si apre il sipario: le piccole barchette illuminano il fondale marino con le lampare e i pesci iniziano a danzare in circolo. D’un tratto il sipario si chiude e le alici sono già a bordo della barca grande.
“Questo si fa solo tra aprile e ottobre”, quel periodo in cui il mare è benevolo e accetta la presenza umana, ma anche il tempo di crescita giusto delle alici che hanno un basso contenuto di grassi e sono particolarmente adatte al processo di salagione: “Per le tre massimo le quattro del mattino già siamo al porto. In tempo per andare al mercato”. Da qui è l’inizio di una nuova storia, lunga almeno due anni.
Lo scapezzamento
“Vengono scapezzate a mano”, decapitate ed eviscerate, “poi inizia il processo di salagione così da fargli perdere l’acqua”. Dinanzi agli occhi una lunga linea argentata che luccica, nelle narici l’odore del sangue. Il mare ha regalato all'uomo i suoi pesci, ora sta all’uomo produrre qualcosa che sappia reggere lo stesso valore donatogli.
La corona e il tompagno
“Le mettiamo testa-coda dentro i terzigni” - contenitori di legno le cui dimensioni sono, appunto, la terza parte di una botte di castagno - “alternandole ad abbondanti strati di sale grosso. In tutto il mondo i barilotti sono in plastica, per la colatura tradizionale di Cetara, invece, sono in legno. All’ultimo strato viene disegnata la corona”, una raggiera di pesci argentati. “E poi copriamo tutto con il tompagno” - un disco in legno che “tomba” i vari strati. Delle pietre spesse di fiume o di mare vengono posizionate sopra così da creare pressione e favorire il processo di pressatura e macerazione. Per capire da dove provengono quei 100 ml basta sapere che dentro ogni terzigno sono contenuti circa 25 kg di pesce. E per un litro di colatura occorreranno almeno un migliaio di alici.
Le stagioni e la conservazione
Le stagioni diventano complici: la salatura in estate facilita il processo di maturazione. Sotto il peso del tobagno le alici macerano e lentamente una spremuta di pesce fermentato, ancestrale, misteriosa, meravigliosa, squisita inizia a formarsi. Nei mesi, poi, il marrone si farà mogano, l’odore da acre si ammalierà e si calmerà. E passerà l’inverno e altre due primavere.
La Colatura tradizionale di alici di Cetara
Il liquido affiorato percorre a ritroso la sua strada: “Facciamo un foro sotto al terzigno” – e goccia dopo goccia si raccoglie e si filtra. Questo è quello che il mare ha regalato e che l’uomo ha trasformato: “Quello che rimane nel terzigno lo regaliamo di nuovo al mare e diventa mangime per i pesci”.
Il festival Teatro del Gusto si è reso possibile nella sua espressione tradizionale grazie al contributo del fondo Regione Campania FSC - progetto finanziato con risorse del FSC - piano sviluppo e coesione della regione Campania
Comments